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Un caso di… “malasanità”?

Buonasera. Vi contatto per un dubbio riguardante la patologia di mia madre.

Donna, 52 anni. Nel gennaio 2011 diagnosi di adenocarcinoma con interessamento linfonodale polmone dx. Febbraio 2011 eseguito ciclo di chemio riduttivo e conseguente intervento chirurgico di lobectomia del lobo inferiore di dx e relativi linfonodi interessati, pur lasciando in loco un linfonodo sentinella infiammato. A seguire secondo ciclo di chemioterapia durante il quale insorge polmonite attinica perdurante per 2 mesi in fase acuta e non del tutto risolta per circa 6 mesi. Nel corso del 2011 e primo semestre 2012 PET di controllo, senza che sia mai stata eseguita una RM encefalo o TAC encefalo (il K polmone non è tra i primi a metastatizzare al cervello insieme a quello di mammella e altri gastroenterici????) . Inizio 2012 inizia ad avvertire algie ortodonziali, nevralgiche e acuzie degli acufeni. Luglio 2012 a nuova PET si referta “macchia fortemente sospetta” nell’area di insorgenza della sopracitata polmonite attinica. Nessuna biopsia e i medici decidono di partire immediatamente con ciclo chemioterapico preventivo alla luce di un sospetto. Settembre 2012 il ciclo di chemioterapia in atto viene interrotto per insostenibile nevralgia riferita. 5 -10-12 si esegue prima RM encefalo alla luce della quale risultano 12 metastasi cerebrali di dimensioni variabili tra i 5 e i 12 mm di diametro in T3 N2 Mx. Si avvia ciclo di radioterapia terminato i primi giorni di novembre. Nel corso dell’ultimo mese diversi episodi di blocco intestinale, perdita della deambulazione, deficit del sensorio e violenti e incontrollabili attacchi di sciatalgia, soprattutto notturni. Dopo alcune recalcitranze domenica notte (18-11-12) si riesce a farla ricoverare in oncologia dove le impostano una blanda terapia del dolore (tachipirina 1000 al bisogno…e solo successivamente MORFINA EV sempre al bisogno). A colloquio con i parenti il medico parla immediatamente di cure palliative e dimissioni a breve. Richiedo un esame di controllo (un’altra RM encefalo che dia indicazione di eventuali benefici dalla prima radioterapia?) prima di dichiararla paziente terminale e arrendersi con le cure e mi viene risposto che al massimo si potrebbe fare una TAC ma che ci vorrebbero 10 giorni di attesa e il tutto con l’espressione di chi pensa che non sopravviverà fino ad allora. Cardiologicamente è perfettamente sana, gli esami ematici non riscontrano alcuna anomalia (tranne una lieve piastrinopenia, esito della chemio di settembre; mentalmente e spiritualmente è forte.

– E’ possibile che senza aver fatto esami diagnostici dopo la radioterapia il medico possa dichiarare che non c’è altro da fare? Oppure valutare eventuali benefici ricevuto dalla radioterapia di ottobre potrebbero dare indicazione ad una seconda radioterapia che possa portare a qualche anno di vita in più?

Ringrazio anticipatamente per l’attenzione riservatami.

Cordiali saluti.

Gentile signore/a,

ho riassunto lo “spirito” della sua mail nel titolo: “un caso di malasanità?…” e per questo ho deciso di pubblicarla. In effetti, è statisticamente certo che, in un paese con 40.000 persone che, ogni giorno, si curano per cancro del polmone, ve ne siano diverse che ricevono trattamenti sub-ottimali o, addirittura, colpevolmente inferiori allo standard. E, dunque, la questione da lei posta è di reale interesse per tutti.

La mia risposta, tuttavia, non potrà che essere generale.  Il problema è che, una cosa è la legittima opinione che le persone (o i giornalisti…) possono avere di un fatto, un’altra cosa è il giudizio che un magistrato esprime sulla base di perizie mediche di esperti abbiano preventivamente visionato tutta la documentazione clinica…

Ora, anche se la sua mail mette in evidenza alcune questioni che meriterebbero un approfondimento per una eventuale responsabilità medico-legale, noi non siamo nelle condizioni delle “normali” persone che possono pensare e parlare liberamente (perché altri ci leggono e abbiamo l’obbligo morale di non dare giudizi infondati o fuorvianti), e neanche -lontanamente- nelle condizioni del giudice che, indirettamente, ha tutta la documentazione clinica a disposizione…

E allora, cosa dovrebbe fare la persona che ha il sospetto -abbastanza fondato- di essere stato trattato in maniera sub-ottimale?..  E’ semplice: deve rivolgersi a uno specialista della patologia in questione, che, analizzato attentamente il caso clinico, potrà consigliare o meno la via legale.

Noi di ALCASE riteniamo che sia un bene che i cittadini, coscienti dei loro diritti, siano pronti a farli valere anche in ambito giudizirio, perché ciò crea un clima sfavorevole alla minoranza di medici che, per una ragione o l’altra, non fa appieno il proprio dovere.  E, quando richiesti (https://www.alcase.it/contatti/), siamo lieti di svolgere il primo filtro…

Per quanto attiene la sua domanda specifica, devo dirle che a volte, ma molto raramente, il medico è nelle condizioni di esprimere un giudizio di incurabilità anche in base al solo quadro clinico.  Ma, di nuovo, per dire se nello specifico caso di sua mamma ricorrevano tali condizioni, dovrei almeno visionare la cartella clinica dell’ultimo ricovero…

Cordiali saluti,

Gianfranco Buccheri


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