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L’acido dicloroacetico (in inglese, dichloroacetic acid) è un acido organico simile all’acido acetico  (contenuto nel comune aceto da cucina), dal quale si differenzia perché due dei suoi tre atomi d’idrogeno sono sostituiti da due atomi di cloro.  Si tratta di un acido forte, molto corrosivo ed estremamente distruttivo dei tessuti muscolari e delle vie respiratorie superiori.  L’acido dicloroacetico non si trova in natura.  Vene sono tracce nella clorurazione delle acque potabilizzate ed è tipicamente preparato dalla riduzione dell’acido tricloroacetico.  Date le proprietà altamente corrosive dell’acido dicloroacetico, solo i suoi sali (di sodio o di potassio) sono utilizzati nell’uomo.

Lo ione dicloroacetato (DCA) stimola l’attività dell’enzima piruvato-deidrogenasi che, all’interno dei mitocondri, metabolizza per via aerobia il piruvato (il piruvato è l’unica fonte energetica della cellula e deriva dalla scissione del glucosio).   Diminuisce così la produzione di lattato, che deriva invece dal metabolismo fermentativo del piruvato.  Questa proprietà ha portato a studiare il DCA nella terapia della lattico-acidosi umana, ottenendosi qualche favorevole risultato iniziale, non confermato però nei successivi studi clinici randomizzati.

Le cellule cancerose generalmente esprimono un’aumentata glicolisi, perché hanno a disposizione poco ossigeno e i loro mitocondri sono spesso malfunzionanti.  In esse inoltre non funziona il meccanismo dell’autodistruzione programmata (apoptosi), che invece manifestano regolarmente le cellule normali danneggiate dalla ipossiemia.  Una sostanza con attività simile al DCA, incrementando la produzione di energia per vi aerobia, potrebbe normalizzare le caratteristiche metaboliche delle cellule neoplastiche e ripristinare la apoptosi.   Ciò sarebbe stato dimostrato in uno studio di fase I, pubblicato nel gennaio 2007 da ricercatori dell’Università di Alberta, che aveva provato il DCA su cellule tumorali umane coltivate in topi.  Lo studio mostrava appunto che il DCA era in grado di ripristinare la funzione mitocondriale e l’apoptosi, riducendo così il volume del tumore impiantato.  Questo risultato ottenne grande attenzione da parte dei media, soprattutto quando uscì un articolo sul New Scientist intitolato: terapia economica, priva di effetti collaterali uccide la maggior parte dei tumori.

In realtà, la cura con DCA non è priva di effetti collaterali (il suo uso terapeutico può causare dolori, rigonfiamenti e disturbi della circolazione e, addirittura, secondo un recente studio, potrebbe favorire (anziché ridurla) la crescita neoplastica (nello studio in questione si trattava di tumori colon-rettali impiantati in topi).  Nè il supposto effetto terapeutico è minimamente provato. A tutt’oggi, infatti, mancano o sono assai pochi gli studi sull’uomo, che siano conclusi e valutabili.  L’unica esperienza sull’uomo è stata condotta ancora in Canada, ad opera di Evangelos Michelakis dell’Università di Alberta, il quale ha inserito cinque pazienti con gliobastoma multiforme (un raro tumore cerebrale) in uno studio di fase II. Tre non avevano risposto a diverse chemioterapie, due erano di nuova diagnosi. Di questi cinque pazienti uno è morto dopo tre mesi. I quattro superstiti sono stati seguiti per i successivi quindici mesi. I loro punteggi di validità fisica, sulla base della scala di Karnofsky, sono rimasti invariati in due casi mentre negli altri due hanno avuto deterioramento di 10 punti.   Michelakis sta ora procedendo alla fase tre della sperimentazione utilizzando fondi di gruppi filantropici e di singoli donatori.

E’ chiaro che questi dati sono estremamente insufficienti per esprimere una qualunque valutazione terapeutica del DCA e che ci vogliono molti più studi (e più tempo) per poter raccomandarne a un malato oncologico l’assunzione.  Per inciso, nel mercato parallelo, il DCA è già ampiamente disponibile ed acquistabile da parte di pazienti che intendessero automedicarsi…

Ma è anche chiaro che la sperimentazione umana per il DCA va avanti estremamente a rilento, mentre il DCA rimane ignorato dalla oncologia clinica.  Come mai?…

L’attuale status legale del DCA è quello di pubblico dominio poiché scoperto prima del 1864 eg è già usato in alcune terapie su animali:  così qualcuno è convinto che le potenti multinazionali del farmaco lo boicottino…  Dall’altra parte, si ritiene, più semplicemente, che i ricercatori, alla luce di quanto si sa oggi, preferiscano spendere le loro energie verso altre direzioni che appaiono più redditizie in termini di scoperte positive…  In fondo, pensano i sostenitori di questa seconda ipotesi, non è del tutto vero che il DCA è imbrevettabile, perché ne può essere brevettato il suo uso terapeutico.  E cinonostante nessuna multinazionale del farmaco, pur potendolo fare molto facilmente, ha mai deciso di farlo, mentre lo ha fatto proprio il già citato Dr. Michelakis, che non poteva non credere ai propri studi, e che spera di ricavare da essi fama, gloria e ricchezza!…

Noi temiamo che non vi riuscirà,  non  per mancanza di fondi che invece riceve “per vie alternative”, ma perché semplicemente la sua cura non funzionerà (e di ciò, sinceramente, non ne saremo certo lieti).

Gianfranco Buccheri



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