Un grande uomo, una vittima del cancro ai polmoni…
A RICORDO DI VACLAV HAVEL
Borgo San Dalmazzo, 18-12-2011
Si è spento oggi nel suo letto, all’età di 75 anni, Vaclav Havel, scrittore dissidente, ultimo presidente della Cecoslovacchia -tra il 1989 e il 1993- e primo della nuova Repubblica Ceca fino al 2003. Havel soffriva da tempo di gravi problemi respiratori derivati dagli esiti di una polmonite trascurata in prigionia, da una bronchite cronica ostruttiva e, soprattutto, da un cancro al polmone destro operato nel 1996. Negli ultimi mesi, aveva trascorso il suo tempo nella casa di campagna, a circa 150 chilometri da Praga, dopo essere stato ricoverato, nel marzo di quest’anno, per una ennesima polmonite. Sabato scorso l’ultima uscita pubblica per incontrare il Dalai Lama, il capo spirituale dei buddisti tibetani. Havel, artefice della rivoluzione anticomunista del 1989 passata alla storia come “Rivoluzione di Velluto”, è considerato una delle figure chiare del crollo delle repubbliche sovietiche nell’Europa centrale e della transizione alla democrazia.
Havel nacque in una famiglia benestante di Praga. Frequentò la scuola dell’obbligo in un istituto della capitale. Incontrò gravi difficoltà a seguire serenamente gli studi liceali. Nel 1948 il partito comunista prese il potere con un colpo di stato appoggiato dall’Unione Sovietica. Il regime accusò la famiglia di Havel di simpatie filo-tedesche (il giornale del Partito Comunista Rudé Právo scrisse il 23 febbraio 1989 che gli Havel erano stati collaborazionisti durante il periodo dell’occupazione tedesca). Vaclav Havel riuscì tuttavia a frequentare i corsi serali dell’ Università Tecnica Ceca di Praga fino al 1957. Dopo il servizio militare lavorò (1960) come macchinista in alcuni teatri di Praga, fra cui il Divadlo Na zábradlí, dove rappresentò alcune delle sue prime opere, e studiò drammaturgia per corrispondenza. Il suo primo lavoro messo in scena fu La festa in giardino (1963), mentre l’opera più conosciuta in Occidente è il Largo Desolato. Il suo teatro, fortemente impegnato sul profilo politico, intendeva : “provocare l’intelligenza dello spettatore, appellarsi alla sua fantasia, costringendolo a riflettere su questioni che lo toccano direttamente in maniera da vivere intimamente il messaggio teatrale“.
«Mi sono sentito come in teatro quando sei un attor giovane e si scopre che gli interpreti principali non ci sono più e comunque non possono recitare. In quel momento sulla scena servivano politici democratici e dove li potevi trovare politici democratici nella Cecoslovacchia dell’89? E allora che fa l’attor giovane? Entra in scena e dà il meglio di sè», così Vaclav Havel ricordava la sua esperienza da presidente della Cecoslovacchia e primo presidente della Repubblica Ceca.
Havel fu un drammaturgo prestato alla politica e infatti, finita l’esperienza politica, a quasi 20 anni dal suo ultimo testo, nel 2007 tornò a scrivere per il teatro e coronò il suo vecchio sogno di dirigere un film, un sogno che il regime comunista gli aveva impedito di realizzare da giovane. Per il suo primo (e ultimo) film “Gli addii“, Havel aveva scelse come protagonisti sua moglie, l’attrice Dagmar, se stesso, suo fratello, gli amici e anche il suo cane. Il film racconta la storia di un politico costretto a lasciare l’incarico, incapace di rassegnarsi alla perdita del potere. Nel marzo scorso aveva annunciato di essere impegnato in una nuova opera, “Sanatorio“, con la quale intendeva chiudere la carriera. Molto vasta è la sua opera letteraria, drammatica e saggistica. Tra i suoi lavori di teatro figurano Festa in giardino (1963), Memorandum (1965), Difficoltà di concentrazione (1968), L’udienza (1975), Largo desolato (1984) e Il Risanamento (1987). Fra i sui scritti ricordiamo Il potere dei senza-potere (1975), Lettere a Olga (1988), Lettere aperte (1991), Disturbando la pace (1991), Meditazioni estive (1992/93), L’Arte dell’impossibile (1998) e In breve, per favore (2006).
Lo staff di ALCASE