Terapie per combattere la recidiva del cancro
Gentile Dr. Buccheri buon giorno,
sono la moglie di un paziente di 67 anni che è stato sottoposto nel mese di settembre dello scorso anno ad una lobectomia inferiore sinistra.
L’esame istologico ha rilevato un adenocarcinoma del polmone (solido a grandi cellule) e metastasi in tre dei quattro linfonodi repertati (classificazione: pT2a N2 G3). E’ stato successivamente sottoposto ad un ciclo di chemio a base di cisplatino e gemcitabina.
La valutazione dello stato di EGFR è stato:
Amplificazione genetica: negativa = 1 (V.N.=1)
Test: Analisi di mutazioni negli esoni 19 (microdelezione) e 21 (L858R)
dell’EGFR (dominio tirosin-chinasi)
Vorrei sapere se e a quali terapie (nuovi farmaci) può sottoporsi sia a titolo preventivo che nell’eventualità di possibili recidive.
Grazie mille in anticipo e cordiali saluti.
Gianna Cianciaruso
Roma
PS. A completamento del caso e se può essere utile le aggiungo anche la seguente informazione. Abbiamo proprio ora ritirato la risposta della seconda pet di controllo (la prima era negativa). In questa seconda sono stati rilevati due
linfonodi mediastinici fortemente sospetti per localizzazione di malattia.
Cara signora Gianna,
devo darle due risposte e, purtroppo, una non è bella…
Al suo primo quesito (esistono terapie per la recidiva del cancro del polmone una volta che questo sia stato trattato in maniera apparentemente radicale?….), risponderei che, ad oggi, esistono due sole terapie profilattiche documentate come certamente utili. Queste sono:
- la chemioterapia post-chirurgica del carcinoma non a piccole cellule, cosiddetta adiuvante (come riportato alla pagina: https://www.alcase.it/2004/06/report-da-new-orleans-asco-meeting/, laddove si dice: “… Tre importanti studi dimostrano che la chemioterapia adiuvante post-operatoria permette di meglio prevenire le recidive e di ottenere maggiori percentuali di guarigione….”). E’ questo è esattamente il tipo di chemio che suo marito ha già fatto;
- la radioterapia pan-encefalica post-chemioterapica del cancro polmonare a piccole cellule (si vedano ad esempio le linee guida al trattamento dell’ASCO là dove dicono “…Nei pazienti il cui cancro polmonare a piccole cellule (CPPC) si è ridotto dopo chemioterapia, la radioterapia al cranio riduce il rischio che il cancro si diffonda al cervello. Questa radioterapia preventiva alla testa è chiamata irradiazione cranica profilattica (PCI) ed è stata dimostrata in grado di allungare la vita di questi pazienti….”, alla pagina: https://www.alcase.it/education/linee-guida-internazionali/cancer-net-premessa/cancer-net-traduzione/#10). Come lei sà, l’adenocarcinoma di suo marito non rientra nel CPPC e dunque questo tipo di trattamento non lo riguarda.
In conclusione, non vi sarebbe altro da fare, come giustamente hanno sin qui fatto i medici che lo hanno in cura…
Se non che (ed è qui la cattiva notizia) la PET appena fatta è molto sospetta per recidiva, anzi, direi, è sufficiente da sola per porre la diagnosi di ricaduta di malattia a livello linfoghiandolare mediastinico.
Alla luce di questo dato, il caso si fa più complesso e va discusso col proprio oncologo di fiducia, essendo molteplici le opzioni di trattamento e anche molteplici i modi di associarle e metterle in sequenza. Per fare una esempio, potrebbe entrare in gioco la radioterapia mediastinica (anche in un tempo successivo), la radioterapia stereotassica, la chemioterapia di seconda linea, la determinazione di altri markers biologici per eventuali terapie mirate con farmaci diversi dagli inibitori dell’EGFR (cui suo marito non è responsivo, dato il risultato dell’analisi di mutazione genica già fatto).
Per queste decisioni, non posso che rimandarla alla lista dei nostri medici eccellenti (https://www.alcase.it/support/medici-eccellenti-premessa/), augurandole buona fortuna… e chiedendole perdono per averle dato una notizia sicuramente dolorosa (ma che non potevo evitare di dare..).
PS. Ieri, 20-7-11, mi è ancora giunta l’autorizzazione a pubblicare quest’altra mail che riguarda lo stesso argomento….e che dunque pubblico di seguito per una risposta che ha molte analogie con la precedente.
Gentile dottore Buccheri,
vagando in internet in cerca di risposte, sono approdata al vostro sito. Colgo l’occasione per ringraziarVi e approfitto per chiedere un aiuto che possa in questo momento di estrema incertezza.
Il caso che le pongo è quello di mia madre, sessanta anni, forte fumatrice, mononefro con funzionalità renale regolare.
Circa 5 mesi fa ha accusato dolore alla spalla, tosse e presenza di sangue nell’espettorato. All’esame Rx si è rilevata la presenza di un nodulo di natura non identificata, confermata dalla TAC con mezzo di contrasto in corrispondenza dell’apice polmonare sinistro con captazione pleurica. È stata immediatamente eseguita una broncoscopia che è risultata “negativa ma non conclusiva”, ma che ha causato una forte polmonite, curata con circa 2 mesi di antibiotici, interrotti per sovraccarico renale ed epatico. Passata la polmonite, mia madre è stata sottoposta a PET risultata negativa, se non per la captazione a livello del nodulo già rilevato a livello dell’apice polmonare sinistro.
Anche in assenza di diagnosi certa, è stato deciso di intervenire chirurgicamente.
Il 1 luglio c.m. mia madre è stata sottoposta a lobectomia polmonare sinistra eseguita dal prof. Federico Rea dell’Università di Padova. Dopo l’intervento la diagnosi (originale allegato) è risultata la seguente(copio il referto inviato dall’anatomia patologica di Padova):
Adenocarcinoma moderatamente/poco differenziato (G2/G3) del polmone, infiltrante il parenchima e il tessuto peribronchiale con diffusione endolinfatica e perineurale (2,3,4,5,6) e con metastasi linfonodali (1,13,14). Altre sezioni di parechima polmonare (7) di parete bronchiale (1,8) tessuto fibro adiposo periarterioso e pleura apicale (15,16,17,18,19,20) tutti esenti da infiltrazione carcinomatosa. Sono stati esaminati n. 9 linfonodi del diametro maggiore compreso tra 0,4 e 1,1 cm. Sono risultati sede di metastasi n. 3 linfonodi del diametro compreso tra 0,1 e 0,7 cm. pTNM (U.I.C.C. edizione 2009) = T2 N2, stadio IIIa (per M=0).
Il professore Rea e lo pneumologo dott. Alessi ci dicono che l’intervento è riuscito a perfezione, ma visto il risultato occorre rivolgersi a un oncologo per scegliere la terapia Chemio e /o radio più giusta da applicare nella considerazione che mia madre è MONONEFRO.
Vorremmo per questo che lei ci desse il suo parere riguardo alla terapia migliore da applicare e che ci consigliasse fra i medici e centri di eccellenza ai quali possiamo rivolgerci quello che fa al caso nostro, tenendo presente che:
- mia madre è mononefro
- da anni è in cura anti depressiva e, mentre prima dell’intervento era carica e aggressiva, la notizia del trattamento post operatorio l’ha atterrita a tal punto che quasi non si alza dal letto ( e non per sofferenze fisiche)
- fino a questo memento mia madre è, per sua serenità mentale è fuggita dagli ospedali della città di Palermo in cui ahimè viviamo
- non avere un riferimento oncologico e l’attesa di una soluzione sta drammaticamente peggiorando la situazione psichica della paziente.
Certa di un suo solerte riscontro a questa mia richiesta di aiuto, porgo i miei saluti e i miei più sentiti ringraziamenti. LETTERA FIRMATA
Gentile signora,
innanzitutto i miei complimenti per la correttezza e la completezza della sua informazione. Come forse avrà letto nella risposta alla mail precedente (…1. chemioterapia post-chirurgica del carcinoma non a piccole cellule, cosiddetta adiuvante…), i suoi medici hanno assolutamente ragione nel consigliare la chemioterapia post-operatoria. Non è urgente, non è sempre sicura nei suoi effetti, ma la chemioterapia adiuvante, negli stadi di malattia non del tutto iniziali (stadio Ia), va comunque fatta perché riduce la probabilità di ricaduta.
Per quanto riguarda le sue domande specifiche, le risponderei come segue:
- Probabilmente, la più efficace e meno nefrotossica combinazione di farmaci è: CARBOPLATINO e VINORELBINA;
- Tutti gli oncologi medici conoscono e usano correntemente questi farmaci. La nostra lista di medici eccellenti testimonia la loro attività scientifica, non la pratica professionale di tutti i giorni.. E, purtroppo, non vi sono dati obiettivi al riguardo;
- Lo stato depressivo è un fattore prognostico sfavorevole (di per sè) e va corretto.. in ogni modo. Se non bastano le rassicurazioni, allora bisogna fare ricorso all’uso di farmaci antidepressivi a dosaggi terapeutici.
I miei migliori auguri per sua mamma.
Gianfranco Buccheri