Quando la comunicazione fra medico e paziente è insoddisfacente…
viene ricoverato in un’altro ospedale più attrezzato (la situazione generale non è buona, ha problemi cardiaci e pressione molto bassa) il 21 aprile, per confermare e tipizzare la neoplasia richiedendo biopsia e talcaggio lo mettono in terapia intensiva respiratoria, ricominciano dacapo con le indagini, dicendo fino a lunedì 9 maggio che non avevano elementi sufficienti per diagnosticare la neoplasia nel frattempo da 10 giorni non danno da mangiare perchè aveva forte compressione all’addome continue eruttazioni, la gastroscopia non rileva niente, l’ecografia al fegato niente, ci hanno parlato di una colonoscopia mai fatta, noi vediamo che passa dalle cannule per l’ossigeno alla mascherina, che sta peggio ma continuano a dire che devono fare altre indagini, cercano un tumore primario per fARE cosa??? quando si vede ad occhio che mio padre sta peggio.
SIAMO SFINITI DA QUESTA NON CHIAREZZA, CONFUSI ESTREMAMENTE ADDOLORATI, abbiamo supplicato di arrivare ad una diagnosi, ad una conclusione dettata anche dall’evidente non reazione alle cure, abbiamo più volte detto che eravamo già pronti alla diagnosi di una neoplasia non so ancora perchè non hanno fatto la biopsia ( forse per problemi cardiaci) e il talcaggio non si poteva fare in questo caso?? Mio padre aveva già dei polmoni un pò compromessi da una interstiziopatia, ci hanno parlato di bronchite, di virus …. adesso vorremmo tanto riportare papà vicino casa ( questo ospedale sta a quasi 2 ore da casa ) se non a casa non sottoponendolo più ad accanimenti non portanti a nessun beneficio, non importa quando vivrà ma come e dove con le persone a lui care con cui condividere questi ultimi periodi, anche quà mutismo, mia madre è morta a 55 anni di glioblastoma celebrale ci dissero immediatamente un tot di mesi di vita media e mamma poi ha superato di un pò la media ( hanno le statistiche e perchè non dicono, vogliamo sapere e nei confronti di mio padre non abbiamo nessun sostegno psicologico, lui è lucidissimo e vuole sapere dopo l’ulteriore tac (ne ha fatte sicuramente tre nell’arco di questo periodo) di lunedì che cosa decidono di fare.
So che la medicina ha i suoi limiti umani, magari io sono coinvolta emotivamente e vorrei per forza una soluzione, ma i medici non si ostinino, pensino che il malato dovrebbero quanto più possibile starsene a casa quando in quella casa ci resterà ancora per poco scusate ma mi potreste un pò chiarire questo caso e dirmi qualcosa.
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comprendo il suo sfogo. La sua mail è molto toccante ed è chiaramente dettata da sconforto. La mia prima impressione è che alla base di tutto ci sia sopratutto una non buona relazione medico-paziente. C’è stato sicuramente un deficit di comunicazione da parte dei colleghi, che è senz’altro censurabile. Inoltre si è probabilmente un pò ecceduto sul versante della diagnosi, dimenticando che una diagnosi “perfetta” non ha senso, se non è seguita da una terapia efficace…
- “sta peggio ma continuano a dire che devono fare altre indagini, cercano un tumore primario per fARE cosa??? quando si vede ad occhio che mio padre sta peggio….”…abbiamo supplicato di arrivare ad una diagnosi, ad una conclusione dettata anche dall’evidente non reazione alle cure, abbiamo più volte detto che eravamo già pronti alla diagnosi di una neoplasia…” Nella medicina moderna, la diagnosi è quasi esclusivamente patologica (cioè confermata da esame cito-istologico) e la vostra richiesta di diagnosi ha probabilmente sollecitato, ancora più, i medici a richiedere accertamenti su accertamenti…per arrivarci. In qualche raro caso, dopo aver parlato e spiegato la realtà dei fatti al paziente (o ai familiari quando questo non è in grado di comprenderla ed accettarla), è invece opportuno rinunciare alla conferma istologica (e quello di suo papà poteva essere uno di quei casi).
- “…non so ancora perchè non hanno fatto la biopsia ( forse per problemi cardiaci) e il talcaggio non si poteva fare in questo caso??” A questo non posso rispondere senza una documentazione clinica adeguata.
- “…adesso vorremmo tanto riportare papà vicino casa ( questo ospedale sta a quasi 2 ore da casa ) se non a casa non sottoponendolo più ad accanimenti non portanti a nessun beneficio..” Da ciò che mi pare di capire dalle sue parole, suo papà ha bisogno di una buona medicina sintomatica, volta solo ad assicurare la migliore qualità di vita nelle ultime fasi di una vita: non servono centri pneumologici od oncologici specializzati, ma medici esperti in cure palliative che siano capaci di vedere l’uomo che soffre..al di là del caso clinico. Quindi, penso che lei lo possa trasferire più vicino casa (o direttamente a casa, se trova l’assistenza domiciliare di cui ha bisogno). Ovviamente, questo parere vale per quello che è: una valutazione che si basa su affermazioni di una persona priva di specifiche conoscenze, e non su una visita e sull’analisi della documentazione clinica.
- “…nelle condizioni descrittele mio padre non avrebbe potuto fare nessuna terapia antitumorale? ( ci è stato detto che non si poteva andare da un oncologo perchè il tumore non era stato diagnosticato)”. In effetti, nella medicina moderna non si fanno chemioterapie senza che vi sia una diagnosi istologica: prevalentemente per ragioni di responsabilità medico-legale. In qualche rarissimo caso, però, dopo aver a lungo spiegato la situazione clinica e aver condiviso la decisione con le persone interessate, e nell’interesse esclusivo del malato, mi è capitato di prescrivere una chemioterapia, anche senza il conforto di una diagnosi istologica, assumendone in prima persona la responsabilità…. E penso che pochi altri oncologi, come me, continuino a farlo…
Spero di avere soddisfatto le sue curiosità e le auguro il meglio possibile per il papà. Gianfranco Buccheri