Report dal congresso di Leuven
Contributi innovativi della ricerca italiana
uno studio del CuLCaSG – ALCASE Italia presentato al Meeting Internazionale di Leuven
Un semplice test di laboratorio dal costo di poche migliaia di lire – il cosiddetto CEA test- può enormemente aiutare l’oncologo polmonare a scegliere il migliore trattamento per il suo paziente.
Nel 1965, i ricercatori americani P. Gold e S.O. Freedman scoprirono l’antigene carcinoembrionario (CEA), una proteina presente normalmente nel sangue del feto umano e, patologicamente, in molti tumori di origine epiteliale. Dopo un primo periodo di entusiasmo, nel quale si raccomandò di dosarne il livello ematico in quasi tutti i malati di cancro, il CEA fu praticamente abbandonato. Noi continuammo a dosarlo in tutti i nostri pazienti più per prassi che per effettiva convinzione. Nel 1995, scoprimmo che il dosaggio dell’antigene polipetidico tissutale (TPA) poteva essere utile per predire l’operabilità dei pazienti con cancro del polmone non a piccole cellule.1 Per confermare quei primi dati e comparare il valore del TPA al vecchio CEA, noi abbiamo studiato 118 nuovi pazienti, che, alla fine di una completa valutazione clinica di stadio, furono ritenuti suscettibili d’intervento radicale e, conseguentemente, operati. In tutti i pazienti, era stato effettuato, prima dell’intervento, il dosaggio del CEA e del TPA, che furono considerati predittivi d’inoperabilità o di recidiva postoperatoria precoce se superavano un certo valore. L’analisi dei dati sperimentali ha dimostrato che una tomografia computerizzata (TC) di torace, addome, e cranio ha una probabilità di predire correttamente l’operabilità nel 77% dei casi, percentuale lievemente maggiore di quella di CEA e TPA (69% e 65%, rispettivamente). Il test del CEA, tuttavia, si è rivelato più predittivo di ogni altro metodo -incluso la TC e lo stesso intervento chirurgico integrato dall’esame patologico del polmone asportato- nel pronosticare la possibile recidiva post-chirurgica (Fig. 1, correttezza diagnostica complessiva: 83%). In particolare, nei pazienti considerati guariti dopo intervento chirurgico, la presenza di un CEA ematico a concentrazione molto elevata è associata ad un probabilità di recidiva entro l’anno del 67%, mentre un livello inferiore la esclude nell’88% dei casi.
In conclusione, i dati che, per conto di tutto il gruppo di studio Cuneese, ho avuto il piacere di portare alla considerazione dei colleghi presenti al Meeting di Lueven dimostrano che:
La TC è il metodo non-chirurgico più affidabile per predire se un tumore del polmone può essere asportato o meno. Tuttavia, alcuni semplici esami di laboratorio, come CEA e TPA, sono quasi egualmente affidabili;
Le recidive post-chirurgiche in persone apparentemente operate con successo sono rare, ma diventano molto più frequenti se il CEA pre-operatorio è elevato. Ne consegue che gli individui con CEA alto andrebbero studiati con la massima attenzione, sia prima dell’operazione (per evitare un’intervento potenzialmente inutile) sia dopo, anche se questo ha avuto un esito positivo (per scoprire e curare prima le probabili recidive).
Il contributo di questi studi, se confermato, potrebbe di molto affinare la selezione dei pazienti chirurgici.
Dr. Gianfranco Buccheri
1. Buccheri G, Ferrigno D. The tissue polypeptide antigen serum test in the preoperative evaluation of non-small cell lung cancer: Diagnostic yield and comparison with conventional staging methods. Chest 1995;107:471-6.
Curve, cosidette ROC (receiving-operator-characteristic), che quantificano la capacità prognostica del CEA: quanto più spostata a sinistra è la linea curva tanto maggiore è l’affidabilità diagnostica dello strumento